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LEBOLO Antonio

Lebolo, il primo in piedi da sinistra

Sicuramente per la stragrande maggioranza dei lettori è un perfetto sconosciuto, eppure ebbe una vita straordinaria, ricca di episodi, molti dei quali in Egitto. Ne tracciamo il profilo.
Nasce a Castellamonte (To) il 22 gennaio del 1781 ove vive sino al 1799 quando si arruola volontario nell’esercito napoleonico e solo due anni dopo è costretto ad abbandonare la carriera militare a causa di una seria ferita: proseguì il suo impegno pubblico arruolandosi nella polizia a Milano. Fu un fedelissimo della causa napoleonica sino alla caduta dell’impero.
Dopo Waterloo fu costretto, come molti altri, ad espatriare. In virtù dell’antica amicizia con Bernardino Drovetti, anch’egli canavesano ed ex ufficiale di Napoleone e già Console francese in Egitto, si recò in Egitto, ove fu accolto con grande amicizia e stima entrando da subito nella squadra di avventurieri e viaggiatori che il Drovetti aveva costituito per procacciare reperti di ogni tipo per la sua collezione privata.
Il Lebolo, come già detto, entrò immediatamente in sintonia col gruppo del Drovetti e, forse baciato anche dalla sorte, fece un’importante scoperta nella Valle dei Re. Trovò un sepolcro intatto, all’interno del quale, oltre ad alcuni reperti mal conservati di legno, furono rinvenute undici mummie. Il destino di queste mummie e la loro collocazione definitiva ha un sapore quasi rocambolesco. Il nostro, oltre alle mummie si impossessò di moltissimi altri reperti, una piccola fortuna che al suo rientro in Italia nell’anno 1825 gli procurò un ragguardevole gruzzolo. Le mummie però non arrivarono mai in Piemonte in quanto furono lasciate ad uno spedizioniere di Trieste con l’incarico di venderle. Furono vendute alcuni anni dopo, nel 1833 ad un tale sig. Michael H. Chandler di New York, purtroppo tre anni dopo la morte del Lebolo. E così le undici mummie, lasciarono il Mediterraneo per attraversare l’Atlantico ed avventurarsi nel Nuovo Mondo.
Lo Chandler nuovo proprietario che oltretutto si spacciava per nipote del Lebolo, le espose per la prima volta nell’aprile del 1833 a Philadelphia e, successivamente strada facendo cominciò a venderle una dopo l’altra sino a quando approdarono nell’Ohio nella città di Hudson. Erano solo più quattro ma ancora in numero sufficiente per attrarre l’attenzione di un personaggio fuori dal comune, ecclettico, come Joseph Smith, il profeta della Chiesa dell’Ultimo Giorno. Per costui, padre della religione mormonica, la vista delle mummie fu un’illuminazione, tosto acquistò le quattro mummie da cui estrasse undici frammenti di papiro nei quali riconobbe il “Libro di Abramo”. Da qui si scatenò una violenta diatriba tra i sostenitori dello Smith che credevano alla traduzione, avvenuta per grazia e volontà di Dio e, i numerosi storici che confutarono la traduzione sostenendo giustamente l’incapacità di Smith di leggere e tradurre la scrittura geroglifica, sostenendo che il testo era il “Libro dei Respiri” uno di quelli che gli antichi Egizi mettevano nelle tombe per accompagnare il defunto nel lungo viaggio eterno.
Al di là della diatriba, il fatto rilevante è che i papiri furono venduti ad un museo di Chicago, che dopo il grande incendio della città nel 1871, si credettero perduti per sempre. Ironia della sorte, riapparvero quasi un secolo dopo, nel 1966 nel Metropolitan Museum of Arts di New York, e che lo stesso Museo li ha restituiti ai mormoni dove sono attualmente conservati nella capitale dello Utah, Salt Lake City.
Tutta questa vicenda ha fatto sì che il Lebolo, del tutto sconosciuto in Italia se non nel suo paese natale ed in qualche faldone dell’Archivio di Stato di Torino, diventasse quasi una celebrità oltre oceano.

Autore: Edoardo Rotunno