PAVESE CESARE
Nasce a Santo Stefano Belbo (in provincia di Cuneo) nel 1908, ma i suoi genitori abitano a Torino, dove il padre lavora al Palazzo di Giustizia. Studia quindi in città e frequenta il Liceo Massimo D’Azeglio, dove inizia a scrivere i primi testi e fa amicizia con alcuni ragazzi e insegnanti che saranno importanti personaggi della letteratura e della politica italiana della metà del Novecento.
Comincia la carriera lavorativa come traduttore e insegnante di inglese, ma inizia anche a pubblicare i primi testi, poesie e racconti. Seguono anni difficili a causa dell’affermazione del fascismo (viene esiliato in Calabria perché ritenuto un oppositore al governo) e per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Torna a Torino alla fine della guerra e prosegue la sua carriera di scrittore, collaborando con la casa editrice Einaudi per la quale si trasferisce a Roma per qualche tempo. Nel capoluogo piemontese, in particolare, risiederà spesso, trovando ispirazione per molte delle sue opere:
– “La luna e i falò” (1950)
Quest’opera è forse la più legata a Pavese ed al Piemonte. Pur essendo ambientato nella campagna delle Langhe, il romanzo riflette l’influenza della città di Torino, soprattutto attraverso la figura del protagonista che, ritornato in Piemonte dopo anni di esilio, osserva la realtà della sua terra. Il protagonista vive il contrasto tra il mondo rurale e la città, con Torino che appare come il centro della modernità e del cambiamento, ma anche come il luogo della solitudine e della distanza da ciò che lui aveva vissuto da giovane. La città è l’emblema di un ambiente che ha segnato la vita e la mentalità del protagonista.
– “Il mestiere di vivere” (1952)
Questo diario personale di Pavese, pubblicato postumo, offre uno spunto prezioso per comprendere il rapporto che Pavese aveva con Torino. Sebbene non sia un’opera narrativa, il diario riflette profondamente le riflessioni di Pavese sulla solitudine, l’alienazione e il suo rapporto con la città. Torino, con i suoi angoli e la sua vita quotidiana, è una sorta di sfondo per le sue osservazioni e per il suo travagliato percorso di scrittore e uomo. La città è un luogo di ricerca, di introspezione e di crescita.
– “Tra donne sole” (1949)
In questo romanzo, Pavese esplora i temi della solitudine e dell’introspezione psicologica, ambientando parte della storia proprio a Torino. La città non è solo un contesto fisico, ma anche un simbolo della distanza tra la vita delle donne del romanzo ed i desideri non soddisfatti, contribuendo così all’atmosfera di alienazione che caratterizza l’opera.
– “Dialoghi con Leucò” (1947)
Anche se in quest’opera non ci sono riferimenti espliciti a Torino, il lavoro di Pavese, che si svolge tra riflessioni filosofiche e mitologiche, ha fortemente influenzato la cultura intellettuale torinese dell’epoca. La sua visione della vita e della sofferenza, che emerge da questo lavoro, si radica in una riflessione profondamente torinese sulla condizione umana e la sua solitudine.
Vince un Premio Strega nel 1950, ma pochi mesi dopo, il 27 agosto di quell’anno, in una camera dell’Hotel Roma, in piazza Carlo Felice a Torino, si toglie la vita.