TORINO. I grissini dalla corte di Savoia ai nostri giorni
Tra i vari estimatori ci furono tanti personaggi importanti. Si dice che Re Carlo Felice li amasse così tanto da sgranocchiarne in grande quantità, anche durante gli spettacoli al Teatro Regio. Napoleone Bonaparte, invece, li amava a tal punto da creare, all’inizio del XIX secolo, un servizio di corriera fra Torino e Parigi dedicato quasi esclusivamente al trasporto di quelli che lui chiamava “les petits bâtons de Turin” (i bastoncini di Torino).
Come per il pan carrè e i tramezzini, i grissini sono talmente diffusi in tutta Italia che si è quasi persa la memoria della loro origine strettamente torinese: la parola deriva dal dialetto ghërsa e indica un tipo di pane dalla forma allungata.
La tradizione vuole che a ideare i grissini sia stato Antonio Brunero, panettiere e fornaio alla corte di casa Savoia, nel XVII secolo. Pare che all’epoca il principino Vittorio Amedeo avesse difficoltà a digerire il pane, pertanto il suo medico avrebbe dato indicazioni di creare un pane con poca mollica. Da qui l’invenzione del grissino!
Per la sua preparazione, secondo le regole originali, occorrevano ben 4 persone: lo Stiror (colui che stirava la pasta), il Tajor (colui che la tagliava in pezzi di circa 3 centimetri), il Coureur (colui che introduceva nel forno su una paletta strettissima e lunga – anche 4 metri – due bastoncini per volta) e il Gavor (colui a cui spettava il compito di estrarre i bastoni dal forno e di spezzarli in due).
Grazie alla loro alta digeribilità e alla facilità nella conservazione (i grissini potevano mantenersi buoni molto più a lungo del pane) il successo di questa golosa invenzione fu quasi immediato e divennero diffusissimi in Piemonte e nel resto d’Italia e consumati ad ogni ora del giorno: al mattino a colazione inzuppati nel latte, a pranzo nel brodo e nelle altre ore del giorno come stuzzichino salato o dolce (come per esempio nella preparazione dei pilot, ovvero frittelle fatte con grissini schiacciati, latte e uova).
La forma più antica e tradizionale del grissino è il robatà (si pronuncia rubatà e significa “rotolato”), lungo dai 40 agli 80 centimetri che si riconosce facilmente per la caratteristica nodosità, dovuta alla lavorazione e all’arrotolamento fatto a mano e la cui lunghezza corrisponde all’apertura delle braccia del fornaio!
Piovano Giulia, In cucina con Anna, Mediares Edizioni, 2023, 120 pp.
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