TORINO. Palazzo Saluzzo Paesana, in via della Consolata, 1
Capolavoro di Gian Giacomo Plantery, il Palazzo dei Marchesi Saluzzo Paesana è stato definito “l’esempio più ampio e complesso di edificio nobiliare settecentesco”, concepito quasi come una seconda reggia in concorrenza con il Palazzo Reale di Torino.
Il meraviglioso cortile d’onore del palazzo è anche ripreso nel film Il Divo di Paolo Sorrentino.
Nel 1715 il committente, il nobile Baldassare Saluzzo di Paesana, cavaliere della Santissima Annunziata, giunto all’apice della sua carriera, dava il via alla costruzione del grandioso Palazzo di famiglia collocato nell’area fino ad allora occupata dalla Piazza d’Armi della vicina Cittadella, teatro della terza espansione urbanistica della città di Torino, voluta da Vittorio Amedeo II ed affidata, dopo l’assunzione del titolo di Re di Sicilia, all’architetto messinese Filippo Juvarra.
L’ingegnere Giovanni Giacomo Plantery (Torino 1680-1756) realizza negli anni compresi tra il 1715 e 1722, un complesso edificio che ospita attività commerciali al piano terreno, appartamenti di rappresentanza e padronali al “piano nobile”, alloggi d’affitto destinati alla buona borghesia al secondo e terzo piano ed infine abitazioni destinate al popolo minuto nei mezzanini e nelle soffitte.
La nuova impostazione del palazzo da reddito impone una diversificazione dei percorsi per raggiungere gli appartamenti in affitto dei piani superiori. Di particolare interesse è la scala della manica a sud, su via Garibaldi, con un andamento a forbice; la necessità di raggiungere tre pianerottoli posti ad altezze differenti, è risolta con una doppia rampa di scale che collega gli alloggi. La scala verrà citata nel trattato di Architettura del Vittone.
Di fatto, grazie a questa innovativa tipologia edilizia che vede mischiati i vari ceti sociali, Plantery ottiene un volume inusuale per Torino, occupando interamente un quarto di piazza Savoia (l’antica piazza Susina), e dando vita al più vasto e magnifico edificio nobiliare della Città che si impone ancora oggi per eleganza, monumentalità e proporzioni armoniose.
Tuttavia, il nobile committente, con le dimensioni della sua grandiosa dimora, venne considerato “grande ostentatore”. Infatti, l’ing. Plantery autorizzato a non badare a spese inserì nel progetto tutto al raddoppio: doppio scalone aulico, doppio loggiato e doppio accesso. Peccato che solo Palazzo Reale poteva ambire al doppio accesso e di conseguenza Vittorio Amedeo, sentendosi provocato, ordinò di chiudere l’ingresso a Palazzo Paesana su quella che è l’odierna via Bligny.
Alla fine, i debiti soffocarono la committenza e addirittura tre generazioni furono chiamate ad onorare i debiti contratti dal tronfio avo.
Vedi anche: https://vivant.it/wordpress/wp-content/uploads/2020/04/Provana.pdf
Fonte: “Storia e segreti delle piazze di Torino” – Daniela Schembri Volpe – Edizioni del Capricorno
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