ISSIGLIO (TO). Chiesa di san Pietro, presso il cimitero
Affreschi di recente recuperati ed interpretati come di possibile scuola jaqueriana.
Nel cimitero di Issiglio, posto in posizione piacevole ed un po’ distanziata dal paese, sorge la cappella di San Pietro, costruita nell’XI secolo, che fungeva da chiesa parrocchiale dedicata a San Pietro in Vincoli. Essa è ad aula unica, con abside volta canonicamente ad Est, coperta da un tetto a capriate, lasciata in stato di sommo degrado per molti anni, è stata recentemente restaurata con il rifacimento completo del tetto ed il risanamento delle pareti portanti.
Un inedito ciclo di affreschi gotici quattrocenteschi è stato scoperto nella chiesa. La piccola chiesa, di origine romanica, un’aula rettangolare absidata con soffitto a capriate, ancora assai poco nota e sinora rimasta al di fuori anche degli itinerari locali, era però stata fatta oggetto di saggi stratigrafici già alcuni anni or sono e la possibile presenza d’affreschi era stata peraltro già segnalata.
Soltanto nel 2008 i restauratori iniziarono l’opera, sotto la sorveglianza delle Soprintendenze per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per i Beni Storici e Artistici. È emerso un ciclo di ampie dimensioni e di una certa complessità iconografica, anche se per alcune parti in condizioni non buone e con ampie zone lacunose.
Le porzioni interessate sono abside, arco trionfale e paretine annesse, e il fianco destro della chiesa.
L’arco trionfale è dipinto a conci alternati grigi e rossi, e contornato da un motivo decorativo quasi a guisa di piumaggio d’uccello, che racchiude le parti affrescate; nelle pareti laterali, una per parte, le figure dell’Angelo annunziante e della Madonna annunziata: quest’ultima, meglio conservata, con le mani al petto, è raggiunta dalla colomba dello Spirito Santo sopra raggi di luce, mentre legge, posato su di un piano inclinato, il libro di Isaia.
Al centro dell’arco, entro altra cornice decorata, non più visibile per cadute d’intonaco, par d’intuire fosse presento una testa di Padre Eterno. Nel registro inferiore delle paretine, a sinistra l’affresco è pressoché illeggibile, a destra è una figura di santo vescovo benedicente: se ben interpretiamo l’attributo visibile all’altezza della vita, che pare una testa mozzata, potrebbe trattarsi di San Dionigi; lì presso, in alto, una curiosa piccola immagine nera in foggia di diavoletto.
L’intradosso dell’arco absidale ospita, entro cornici clipeate (a scudo), una serie di ritratti solo parzialmente visibili, ma molto espressivi, in abbigliamento moderno (profeti e sibille?); il catino mostra frammenti pittorici interpretabili come gli animali e l’angelo simboli degli evangelisti (tetramorfo], in scabro paesaggio roccioso, ed al centro una Maiestas Domini di tesa eleganza, ma in non buone condizioni. Sulla sinistra una figura femminile inginocchiata, probabilmente ancora una Vergine, e a destra altra figura parzialmente riscattata, una Maddalena forse, ma non si può escludere un San Giovanni.
Nella parte inferiore, al centro, il legno di croce colla scritta canonica, che poteva esser lo sfondo d’una Pietà. La porzione ancora sottostante reca le tracce degli Apostoli posti a semicerchio, ed è in parte ancora nascosta dall’altare ivi sistemato nei secoli successivi.
Nella parete laterale dell’aula è visibile, sempre entro una grande cornice decorativa della stessa foggia di quella dell’arco trionfale, una scena di grandi dimensioni, raffigurante una Madonna della Misericordia col mantello sostenuto da due angeli: sotto il mantello sono raffigurate, in due registri sovrapposti, ampie schiere di personaggi, sulla sinistra maschili e sulla destra femminili. Le due schiere superiori ospitano santi (si direbbe apostoli) e sante, quelle inferiori papa, cardinale, signori, religiosi e religiose, vale a dire i rappresentanti delle gerarchie terrene. Notevole particolarità iconografica è il fatto che tale Vergine della Misericordia è raffigurata in trono, col Bambino in braccio.
Sulla sinistra di tale scena è ancor visibile l’immagine di San Pietro vescovo, titolare dell’edificio, seduto su di uno scanno e con l’attributo delle chiavi.
Si tratta d’un ciclo di notevole livello stilistico e di forte interesse anche iconografico, che descrive scene icastiche (incisive) ed emotive, con una sovrabbondanza di cartigli eleganti, talora forniti d’iniziale colorata.
Sostanziali sono ancora i richiami, stilistici e tematici, al mondo degli affreschi di stampo jaqueriano, con altri aspetti che richiamano certi sviluppi visibili nella pittura novarese, come mostrano l’impaginazione generale e certi particolari come la Vergine col Bambino in posizione seduta, col trono a base poligonale prospettica (cicli di Novara o Casalvolone). Alcuni tratti del volto della Vergine, con le sopracciglia fortemente inarcate e lo sguardo fisso, non paiono estranei a certi esiti dei De Campo, pittori novaresi attivi tra il 1440 e il 1483. Diretto riferimento stilistico, va subito dichiarato, è quello con l’ancor inedito ciclo scoperto nell’estate 2007 nella parrocchiale di San Giovanni di Torre Canavese, con affreschi ancora in fase di restauro. Le connessioni con quegli affreschi, ove si leggono, nella terza volta della navata sinistra, i simboli degli evangelisti, e nella parete di fondo una Madonna della Misericordia affiancata dai santi Giacomo e Antonio abate e incoronata da Dio Padre, d’impronta jaqueriana per il dinamismo del segno gotico, gli stretti richiami tipologici ed il carattere di tutto l’apparato decorativo, sono tanto evidenti da dichiararsi a prima vista.
I volti delle due Vergini della Misericordia recano tali somiglianze tra loro, nella tipologia dei capelli e dell’aureola, negli occhi chiari, nell’arco sopracciliare dì tesa convessità, non meno che nella forma del naso e delle labbra, da recare il sigillo, se non del medesimo maestro, certo della medesima bottega; il gesto delle braccia tese mostra lo stesso schema. Per sovrappiù, anche i due volti sbarazzini, a Torre dell’Angelo reggi mantello sulla destra dell’immagine e ad Issiglio del Bambino ripetono, a un dipresso, la medesima tipologia.
Per quanto possa sembrare singolare, un maestro di notevole livello artistico, al lavoro nei cantieri canavesani, e rimasto per secoli nell’ombra, si svela improvvisamente, forse per ben due volte, a distanza di meno d’un anno, in due centri vicini: ce n’è abbastanza per ripensare l’intera storia artistica della zona. Non è peraltro detto che nella chiesa di San Pietro sia al lavoro sempre la stessa mano, anche se il tema risulta difficile, almeno per ora, da dipanare, proprio perché la leggibilità delle scene non è sempre buona.
Il maestro di Issiglio (e probabilmente di Torre) ha una sua maniera di sintetizzare in un’unica scena soggetti e significati diversi, giungendo ad iconografie insolite. Del tutto innovativa è quella sorta di contaminazione tra il tema della Madonna della Misericordia e quello della Madonna in trono, col Bambino reggente il cartiglio, che si ammira ad Issiglio, insieme a quell’ampio sviluppo dei personaggi, accuratamente suddivisi per registri differenti. Tali personaggi sono colti soprattutto nel loro valore simbolico, non parendo alludere ad identità precise, ed anche il grande contorno ellittico che ne taglia i bordi inferiori rinforza tale impressione. Degne di rilievo tuttavia sono l’opposizione generale tra uomini e donne e quella tra viventi e assunti in cielo, questi ultimi probabilmente riconoscibili con attente osservazioni; nei cicli similari, solitamente i personaggi raffigurati sono ancora in vita, e solo in rari casi si è potuta ipotizzare nelle raffigurazioni del gotico cortese la simultanea presenza di vivi e morti; insolita è anche la presenza del teschio posto tra i personaggi centrali del registro inferiore (i viventi), e per altro verso anche la complessità dell’organizzazione delle scene del catino absidale ha una certa rilevanza.
Il ciclo che sembra possibile, almeno in via provvisoria, datare alla seconda metà del secolo XV, posteriormente a quello di Torre, che l’interpretazione d’una scritta sia pur frammentaria, può forse far risalire al 1444, e rispetto al quale c’è forse qualche elemento che testimonia d’una certa evoluzione in senso coreografico.
Ci si augura possa esser in futuro possibile, sul piano filologico, giungere ad una più precisa definizione dei caratteri del pittore (o dei pittori) qui attivi, se non addirittura alla loro identificazione. Nell’ambito di un più vasto quadro storico e culturale, sarebbe inoltre quanto mai interessante pervenire alla delineazione delle committenze che, in pieno territorio canavesano, hanno voluto e saputo introdurre questa voce nuova, e risultati diversi da quelli più tipici nei centri lì intorno, tanto per lo stile, che per i temi e le scelte iconografiche.
Il ciclo di Issiglio, insieme a quello di Torre, introduce nel Canavese un’impronta maggiormente in relazione con quella che osserviamo per solito negli affreschi della parte meridionale della provincia torinese, in zona Acaia, o anche in Val di Susa, ma che comunque costituisce, rispetto ad un avamposto come Fénis un prezioso tassello territoriale interno, utile alla ricostruzione della cultura del Ducato Sabaudo a completamento di quell’atlante del Quattrocento nelle Alpi Occidentali, condotto per cicli omogenei, che negli ultimi anni è già stato foriero di notevoli soddisfazioni.
Fonti:
https://archeocarta.org/issiglio-to-chiesa-san-pietro/
ISSIGLIO (To). Chiesa di san Pietro, presso il cimitero, con affreschi di stampo jaqueriano.
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