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VENARIA REALE (TO). La Reggia

Reggia di Venaria, Foto di Alberto Cuccodoro - alberto.cuccodoro@gmail.com
Reggia di Venaria, Foto di Alberto Cuccodoro - alberto.cuccodoro@gmail.com
Reggia di Venaria, Foto di Alberto Cuccodoro - alberto.cuccodoro@gmail.com
Reggia di Venaria, Galleria di Diana
Reggia di Venaria, Foto di Alberto Cuccodoro - alberto.cuccodoro@gmail.com
Reggia di Venaria, Foto di Alberto Cuccodoro - alberto.cuccodoro@gmail.com
Reggia di Venaria, Foto di Alberto Cuccodoro - alberto.cuccodoro@gmail.com
Reggia di Venaria, Foto di Alberto Cuccodoro - alberto.cuccodoro@gmail.com
Punto di forza

Residenza dei Savoia destinata alla caccia ed allo svago.

La reggia di Venaria, voluta da Carlo Emanuele II come residenza di piacere e di caccia, si inserisce in quella politica di rappresentazione del potere assoluto del sovrano che intorno alla metà del ‘600 viene messa in atto da tutte le potenze europee uscite dalla sanguinosa guerra dei trent’anni e desiderose di ribadire la loro sovranità sia all’interno del loro stato che all’estero.

L’idea di un “gran palazzo”, degno di un “gran principe”, da costruire sul territorio di Altessano, era già nelle intenzioni di Carlo Emanuele I, il quale aveva iniziato ad acquistare terreni e immobili nella zona. Era già prevista anche la trasformazione del borgo. Questa idea grandiosa viene sviluppata, però, e messa in atto solo con suo nipote Carlo Emanuele II, figlio di Vittorio Amedeo I e di Cristina di Francia, sorella di Luigi XIII, e quindi cugino del re Sole Luigi XIV.

Dal 1658 numerose maestranze cominciano a lavorare per la costruzione della reggia di Diana.

La residenza si viene così articolando intorno ad un nucleo di aspetto ancora rinascimentale, con decorazioni di gusto manierista e caratterizzato da una copertura a intonaco bianco con tetti a spiovente. Dai progetti di Amedeo di Castellamonte viene realizzato un edificio con corpo centrale sopraelevato e due ali laterali disposte con uno schema a tenaglia, che ospitano gli appartamenti privati del duca e dei familiari.

Accanto alla villa le scuderie, i canili e la cappella per le funzioni religiose, dall’altro lato quello che resta di un edificio precedente detto il Castelletto. Completano la residenza ampi spazi sulla fronte verso il paese ma soprattutto nei giardini alle spalle dell’edificio, fatti apposta per la movimentazione degli equipaggi di caccia.

Non mancano fontane monumentali e boschetti per il riposo: si sfrutta il dislivello del terreno per creare balconate e pareti verticali decorate con conchiglie e pietre colorate, dove si aprono grotte con giochi d’acqua e statue. La scenografia del giardino culmina nella grotta con la fontana di Ercole da cui si diparte un canale d’acqua che arriva, circa un chilometro più avanti, ad un bacino con al centro il tempio di Diana, piccolo edificio ricchissimo di decorazioni, riservato al piacere e al riposo.

Era da poco stato completato il progetto, quando le truppe francesi al comando del generale Catinat devastano il Piemonte provocando gravi danni alla reggia. Pochi anni dopo, però, la guerra di Successione spagnola vede il trionfo di Vittorio Amedeo II sul cugino francese, con la vittoria nella battaglia di Torino del 1706, a fianco dell’altro cugino Eugenio Soisson, che gli permetterà di ottenere l’agognato titolo regio.

Vittorio Amedeo porta a Torino dalla Sicilia, dove avviene l’incoronazione, Filippo Juvarra e gli affida il compito di aggiornare la residenza di Venaria per le esigenze di una corte ormai reale. Di nuovo grandiosi sono i progetti settecenteschi: viene modificato il corpo centrale, gravemente danneggiato dalle vicende, belliche e vengono ampliati gli spazi di servizio per la caccia: Juvarra realizza una nuova scuderia e le affianca una citroniera monumentale, viene costruita la nuova chiesa di sant’Uberto, mentre i giardini vengono riprogettati secondo una prospettiva “all’infinito”, eliminando le emergenze della fontana di Ercole e dell’ormai perduto tempio di Diana, mentre si aprono nuove rotte di caccia con viali che si allungano verso la campagna intorno. Prevale l’utilizzo del mattone a vista mentre i nuovi tetti a mansarda si coprono di tegole con smalti colorati.

Oggi possiamo solo immaginare la magnificenza di quella fase storica del palazzo attraverso le testimonianze degli ospiti che venivano accolti nella reggia e da quel poco che rimane delle antiche decorazioni: alla fine del ‘700 le truppe francesi di Napoleone invadono il Piemonte, i Savoia sono costretti a trasferirsi in Sardegna e poi a Roma e la reggia, ridotta a caserma, viene spogliata di tutti i suoi arredi e modificata secondo le nuove esigenze militari. Dismessa anche la caserma negli anni ’50 del ‘900, l’insieme degli edifici ha subito un abbandono totale finché un gruppo di cittadini e studiosi di storia locale non ha convinto le istituzioni locali e nazionali a prendere in carico il recupero della struttura, iniziando una campagna di restauri proseguita per alcuni decenni, che hanno portato nel 2006 alla riapertura della residenza come museo di se stessa.

Data compilazione scheda: 16 febbraio 2025
A cura di PF
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