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TORINO. Il castello del Drosso, in abbandono

Il castello del Drosso

La sua storia millenaria e silenziosa, fra le rovine di Torino, il Castello del Drosso ormai abbandonato è rimasto fermo nel Medioevo.

Tra i campi della periferia sud di Torino, al confine con Beinasco ed affacciato sul torrente Sangone, sorge un luogo che pochi conoscono ma che racchiude secoli di storia, potere e trasformazioni: il Castello del Drosso. Oggi abbandonato e dimenticato, è uno dei pochi resti medievali sopravvissuti nell’area urbana torinese, testimonianza di un passato che affonda le radici nella romanità e che, nei secoli, ha visto il susseguirsi di monaci, nobili e soldati.
L’insediamento del Drosso nasce in un punto strategico: su un’altura naturale che domina la piana del Sangone e che un tempo permetteva il controllo visivo sull’intera area agricola circostante. Secondo fonti archivistiche, è probabile che l’originaria struttura si sviluppasse attorno ad una villa romana, forse una mansio, ovvero una stazione di sosta lungo antiche vie di comunicazione.
Nel XII secolo, il Drosso entra nella sfera dei monaci cistercensi di Staffarda, che lo trasformano in una grangia – una sorta di azienda agricola autosufficiente – sviluppando attività produttive come sartoria, calzoleria, mascalcia, allevamento, molitura e coltivazioni. In poco tempo, il sito diventa uno dei cuori pulsanti della vita monastica operosa, arricchito da edifici agricoli e cascine.
Nel corso del Trecento, il complesso passa nelle mani di vari feudatari: dai Conti di Savoia ai Gorzano, e poi ai Vagnone, che operano una trasformazione architettonica decisiva. È a loro che si deve l’elevazione dell’edificio da grangia a castello fortificato, così come documentato da una pergamena del 1361. Attorno al “castrum Droxii” viene costruito anche un ricetto, ovvero un’area protetta per rifugiare persone e beni durante le guerre.
Nel corso dei secoli, la proprietà si frammenta, passa tra le mani di varie famiglie aristocratiche e subisce ampliamenti e modifiche.
Nel Cinquecento, il castello diventa residenza di campagna di illustri famiglie, come i Gromis di Trana, che ne acquistano quasi l’intera proprietà. È con loro che la struttura assume l’aspetto di dimora gentilizia, dotata di terrazze, loggiati e giardini formali con vista sul Sangone.
Durante il Settecento e l’Ottocento, il Castello del Drosso conosce ancora momenti di vita: viene rappresentato in numerose mappe, ampliato, ristrutturato e censito in catasti e documenti topografici. Il clima, la posizione panoramica e la vicinanza alla corte ducale di Mirafiori lo rendono un luogo apprezzato dalla nobiltà torinese.
Ma il Novecento segna l’inizio del declino. Dopo l’ultima grande trasformazione ottocentesca voluta dal conte Emilio Gromis, e dopo la cessione di parte dei terreni alla celebre Rosa Vercellana, la “Bela Rosin”, il Drosso smette progressivamente di essere abitato e vissuto.
Durante la Seconda guerra mondiale, il castello è occupato dall’esercito nazista come sede del comando “Torino Sud”, lasciando dietro di sé graffiti, impianti e segni indelebili sulle pareti di alcune sale.

Oggi il Castello del Drosso appare isolato ed abbandonato, quasi inghiottito dalla vegetazione che cresce libera nei cortili ed intorno alle antiche cascine, molte delle quali prive di copertura. Nonostante ciò, l’edificio principale conserva intatto il suo fascino: le torri medievali, i mattoni a vista, le finestre ogivali in stile neogotico, la cappella con il campanile e la snella bertesca cilindrica raccontano ancora una storia che merita di essere salvata.
All’interno, si possono ancora intravedere gli stemmi nobiliari, una tavola imbandita, segni di una quotidianità interrotta, e persino una scala a chiocciola che suggerisce stanze segrete e percorsi dimenticati. Un salone con una grande balconata si affaccia sul fiume, mentre nel parco sopravvive la cappella dedicata alla Madonna della Neve, un piccolo gioiello di gusto alfieriano.

Attualmente, il Castello del Drosso è ancora di proprietà degli eredi Gromis di Trana. Un progetto di riconversione in abitazioni, proposto dall’architetto Gabetti, non è mai stato completato. Tuttavia, l’edificio è oggi tutelato dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici ed incluso nel Piano Regolatore di Torino come “edificio di gran prestigio”.
È in vendita tramite Sotheby’s, in attesa di un acquirente visionario che voglia riportarlo al suo antico splendore.

Autore: Valentina Romano

Fonte: www.torinocronaca.it 23 luglio 2025

Data compilazione scheda: 24 luglio 2025
A cura di DMF
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