MAZZE’ (TO). Il Castello ed il Museo della Tortura
Incredibile testimonianza storica che dal 1141 ad oggi racconta il tempo che ha vissuto, con un approfondimento creato nel 1999 del Museo della Tortura.
Le prime notizie dell’occupazione di quest’area risalgono ai Celti, che furono poi conquistati dai Romani, quando questi iniziarono ad espandersi verso nord. Ad oggi, dell’epoca romana rimane poco, in particolare dei resti del “Fortem Copacium”, eretto nel 175 a.C. dal console Appio Claudio, come presidio romano contro i Salassi (popolo celtico che abitava in Canavese ed in Valle d’Aosta).
Finita l’epoca romana, la zona passò in mano all’imperatore Enrico IV di Sassonia, che decise di investire la famiglia ghibellina dei Valperga feudatari di queste terre (1141). I Valperga decisero di trasformare il “Fortem Copacium” in prigione, e successivamente nel 1316, sempre i Valperga, decisero di costruire un castello sulla base dei resti romani, ora prigione. Nasce così quello che oggi viene chiamato “castello piccolo”, piccolo perché nel secolo successivo (XV sec) i Valperga ne fecero costruire un secondo, detto “grande castello” una casa-forte, oggi dimora.
Dal Quattrocento il feudo seguì le sorti dello stato sabaudo, rimanendo della famiglia Valperga di Mazzè fino al 1840 (eccetto una piccola parentesi di qualche anno nel 1515, quando il castello venne occupato da Francesco I, re di Francia).
Quando la famiglia dei Valperga rimase senza eredi, il castello divenne proprietà dei conti Brunetta d’Usseaux, un’antica famiglia nobile francese originaria dell’Alvernia, dal XVII secolo passata al servizio dei Savoia. A questo periodo (1850-1919,) risalgono i lavori di restauro per volere di Eugenio Brunetta d’Usseaux, sia della parte più antica verso la Dora sia della casa-forte (che era diventata una penitenza agricola).
I lavori vennero svolti sotto la guida dell’architetto Giuseppe Velati-Bellini. Durante il restauro del castello furono anche realizzati due manieri di fattura neo-gotica, con un cortile ed un parco, esteso sino al fiume. Dopo la morte di Eugenio Brunetta d’Usseaux (1919) i due castelli furono abbandonati e l’archivio del C.I.O. (comitato olimpico internazionale, di cui Eugenio Brunetta ne fu segretario dal 1908), qui conservato, andò disperso.
Nel 1859 la struttura ospitò il re di Sardegna, Vittorio Emanuele II, che qui si era recato per studiare come contenere l’offensiva austriaca durante la seconda guerra d’indipendenza.
Durante la seconda guerra mondiale il castello fu sede del comando tedesco di zona e qui, nel maggio 1945, fu firmata la resa delle truppe tedesche al comando delle forze alleate, che avevano nel frattempo occupato anche il Piemonte ed il Canavese.
Di notevole rilevanza sono gli interni del castello grande: gli affreschi di stile neogotico di Romolo Bernardi, dipinti nel portale d’onore, nelle pareti dello scalone e nella sala del trono; gli intarsi nella sala del trono di Carlo Arboletti; ed il camino in pietra costruito dai fratelli Catella. Degni di nota infine i soffitti della sala da musica e nel salone gotico, eseguiti dal pittore Giovanni Beroggio; la Sala Rosa, di gusto barocco, decorata con medaglioni a soggetti cavallereschi; la Sala d’Oro, con pavimento a mosaico ed i soffitti affrescati dai fratelli Galliari nel XVIII secolo, e la Sala da pranzo, in stile gotico, è coperta da una volta a crociera affrescata.
Nei sotterranei sono visibili le prigioni e la ghiacciaia, del XIV sec., i resti romani con la cisterna d’assedio del II sec. a.C., la “cripta celtica” del X sec. a.C., la cappella funeraria del XV sec. e l’allestimento del Museo della Tortura con oggetti proveniente da tutta Europa.
Dopo anni di abbandono e saccheggi il castello è passato in proprietà alla famiglia Salino di Cavaglià, che ha recuperato e restaurato il castello ed il grande parco, e ha permesso l’apertura al pubblico. Nel 2013 il castello fu acquistato da una famiglia russa, che ha iniziato i lavori di restauro per permettere la riapertura al pubblico, ma a causa della pandemia del 2020 i coniugi furono costretti a lasciare l’Italia, senza poterci tornare finita questa, a causa dei conflitti tra Russia ed Ucraina; nella primavera del 2024 la coppia è riuscita a tornare brevemente a Mazzè, trovando un accordo con la Pro Loco per riaprire il castello.
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