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NOVALESA (To). La Cappella della Maddalena presso l’Abbazia.

Gli affreschi all'interno della cappella
L'affresco raffigurante Maria Egiziaca
La pianta della cappella
Punto di forza

La Cappella è entrata nel circuito “Chiese a porte aperte”. il progetto che consente di visitare autonomamente i beni culturali ecclesiastici del Piemonte con l’ausilio delle nuove tecnologie. L’applicazione gestisce molteplici operazioni dalla prenotazione della visita all’apertura automatizzata della porta: una volta effettuato l’accesso tramite QR si viene guidati alla scoperta del bene al suo interno.

Come annota l’anonimo redattore del “Chronicon Novaliciense” (XI secolo), la cappella della Maddalena, che balza all’occhio del pellegrino o del visitatore in procinto di raggiungere l’abbazia provenendo dal paese di Novalesa, si trova “dinanzi al sacro cenobio, e lontano da esso un tiro di freccia“.
Nelle vicinanze della chiesa, prosegue l’anonimo monaco autore del Chronicon, si ergeva un edificio destinato ad ospitare le donne, sia nobili che di umili origini, quando si recavano al monastero “per adorare Dio e venerare gli Apostoli“. La cappella, infatti, segnava il confine fisico e ideale tra il mondo esterno e l’area di pertinenza del monastero, e veniva adoperata come punto di sosta e di preghiera dai fedeli che giungevano in pellegrinaggio all‘abbazia.
La chiesa è ritenuta dagli studiosi originaria dell’VIII secolo, come attestano alcune tracce di decorazione pittorica risalenti a questo periodo, ma venne rifatta nel tardo X secolo, quando i monaci fecero ritorno a Novalesa dopo averla abbandonata per fuggire alle incursioni saracene, e consolidata nell’XI secolo inoltrato, con la ricostruzione del lato nord a seguito di un crollo.
L’interno della cappella conserva, nell’abside, due riquadri con gli affreschi raffiguranti Santa Maria Maddalena e Santa Maria Egiziaca, ricondotti al XV secolo.
La prima, Maria Maddalena, è rappresentata con un manto rossiccio provvisto di risvolto in armellino, cappelli ramati lunghi fino a terra e, tra le sue mani, un vaso a pisside contenente l’olio di nardo, utilizzato, secondo quanto riporta il vangelo di Luca, dalla “peccatrice di Betania” per cospargere i piedi di Cristo. L’olio di nardo, costato trecento denari, cioé una somma ingente per l’epoca, evocava simbolicamente l’amore divino ed era considerato depositario di poteri mistici, spesso adoperato, in forma di unguento, per l’unzione dei re e dei defunti.
Il secondo riquadro presenta, invece, la figura di Maria Egiziaca, talvolta confusa con la prima, considerata dalla tradizione bizantina come la penitente per eccellenza, una prostituta convertita, nata ad Alessandria d’Egitto nel IV secolo, che, ritiratasi per circa quarant’anni a vivere da eremita nel deserto giordano, si lasciò crescere i capelli al tal punto che, una volta consumatosi il vestito, solo questi le ricoprivano le nudità del corpo. Proprio in questo modo appare raffigurata nell’affresco, all’interno di una grotta, che richiama le asperità del deserto roccioso, con le mani giunte in preghiera e i lunghi capelli che la avvolgono per intero.

Data compilazione scheda: 14 giugno 2025
A cura di DMF
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